CRITICHE

Antonio Russo

Originalità e autonomia nell’arte di Renato Bussi Di Antonio Russo Quella sottile vena romantica che un tempo Luciano Luisi scoprì nell’arte di Renato Bussi quando scrisse che, al di là della visione di superficie, i suoi dipinti sono in realtà “pagine con cui Renato Bussi confessa la sua malinconia o la sua gioia, il suo slancio vitale o il maturo e consapevole contemplare le ineluttabili verità della nostra condizione umana”, è più che mai evidente e coinvolgente quando l’artista ci mostra un insieme di opere che abbiano uno sviluppo di alcuni anni e permettano quindi di ripercorrere lo svolgersi della sua pittura così tipica e così coerente in se stessa, andando ben oltre l’effetto dell’ultimo risultato e l’emozione della tela ancora umida di colore. E’ questo il caso dell’attuale rassegna in cui, accanto alle ormai famose vedute parigine e veneziane -- così inconfondibili da essere entrate nel vivo d’una espressione poetica della pittura del nostro tempo – ci sono dipinti più recenti dove le esperienze di un affinamento della materia e d’una impaginazione serrata, non episodica, si vedono pienamente attuate, pur lasciando tuttavia chiaramente intravedere un’apertura verso nuove risoluzioni nella creazione del tessuto pittorico dell’artista. Proprio in questi ultimi dipinti, infatti, si può leggere il risultato d’un progressivo abbandono di quegli impasti piu densi, accesi, quasi violenti, della pittura del primo tempo, e ci si rende conto – di conseguenza – della originalità e della autonomia dell’arte di Renato Bussi che, ben presto, trovò il suo piu poetico e personale significato nel filtrare la visione del colore in una apparente umiltà di tavolozza e nel contenere gli accordi nella trama d’un disegno sempre vivo e fervido, ma anche sempre piu puro e lineare. Allora come ora, un dipinto di Renato Bussi significò un “momento” di poesia, aperto nel trambusto della vita moderna, un brano di verità trasferito al di fuori dell’impressionistica vicenda quotidiana, fermato in una tessitura quasi musicale in cui tutto assume valore di scoperta e di novità. E se riguardiamo attentamente un paesaggio della Bretagna, dove persino l’atmosfera sembra trattenere il fiato per non turbare l’emozione creata dall’aria assorta di quella semplice architettura; o anche un paesaggio parigino, dove l’apparente aridità di certe pareti calcinose è trasferita con tanta naturalezza nella stessa aridità della materia pittorica: scopriamo allora all’improvviso un umanissimo sentimento di fantasia poetica che pervade il quadro, in così netta opposizione – non si può fare a meno di pensare – nei confronti di certa pittura d’oggi, soprattutto americana (o anche francese “retour d’Amerique”). Per questa sua umanizzazione delle cose, si vede chiaramente come non sia importante, alla fine, distinguere un tema dall’altro e guardare con diverso occhio le colorate e sghembe case di Parigi e le mura affumicate degli edifici di Londra: le une e le altre sono diventate da tempo una inflessione del sentimento personale di Bussi e ci parlano con lo stesso linguaggio, sottovoce, con la persuasione delle parole sussurrate e circondate da silenzio. Si è detto, talvolta, che quando ci affacciamo al mondo pittorico di Renato Bussi vengono in mente due nomi, Utrillo e De Pisis: verissimo, ma è solo per contrapposizione, perché tra i due nomi quello di Bussi ha uno spicco nettissimo, individuale e indipendente. Infatti, la voce del pittore francese è magnifica e pura ma lieve ed evanescente, piu vicina al mondo dell’acquerello che della pittura, mentre l’acutissima esaltazione di De Pisis è tutta presa dalla “gioia di vivere” nel solo attimo della parentesi lirica, in un coreografico alternarsi di danza e volo. Ma questa pittura di Bussi, che si è nutrita dei mille accenti atmosferici dei suoi disegni e della progressiva rinuncia alla sensualità del colore, sta davanti a noi come trattenuta sul piano della tela da un’intima dolcezza venata di malinconia, che s’arresta sul punto di denunciare lo squallore delle cose per invitarci a sentirne la vibrazione segreta. In tal senso, i bianchi, i toni rosei, certi accenti di azzurro perso nei cieli, diventano importanti come accordi musicali nel ritmo determinato dal disegno che tutto contiene e impagina trasformandosi, esso stesso, in colore. Appare subito chiaro, dunque, il rapporto tra i dipinti di qualche tempo fa e gli ultimi, proprio in questa risoluzione del disegno nel vivo degli impasti, giacché il grigio, e persino il nero, di quei tratti che limitano le zone di colore, non hanno mai la crudezza della linea marginale, ma si accordano, invece, naturalmente, con l’effetto cromatico al quale conferiscono quella nota dominante di semplicità e quasi di candore del tutto proprio di questa arte. Quanti pittori che avessero, come Renato Bussi, raggiunto una così vasta e meritata notorietà, che si fossero immersi così a fondo nel nostro tempo determinandone la voce piu schietta e vera, rinuncerebbero a ripetersi in una sigla o in una “maniera”? Ben pochi, crediamo. Ed è perciò che vogliamo sottolineare anche questo lato morale della figura del nostro artista: l’aver tenuto fede al suo sentimento attraverso i clangori scomposti d’una nuova retorica della materia goduta in se stessa, di fronte ai piu grotteschi funambolismi del gusto attuale, per offrirci, in ogni suo dipinto, la conferma che il vero momento poetico, anche nel mondo di oggi come sempre, va cercato con animo umanamente aperto alle cose umili che si fanno grandi nella purezza della fantasia.