BIOGRAFIA

Renato Bussi

Renato Bussi è nato a Roma nel 1926. Fin dai primissimi anni dimostrò una eccezionale predisposizione al disegno, che gli permise di essere accettato quale allievo, ancora bambino (1935) nello studio dello scultore Vincenzo Jerace. Vi rimarrà fino al 1947, perfezionandosi in disegno e figura modellata. Comincia a studiare a fondo Raffaello e i Veneziani, subendone profondamente il fascino. La guerra: dal 1940 al '44, si trasferisce con la famiglia nella campagna di Viterbo, in piena zona etrusca, la cui vicinanza non mancherà d'influenzare la sua formazione. Rientro a Roma: riprende le lezioni presso lo studio Jerace e comincia a frequentare anche lo studio dello scultore Giovanni Ardini per imparare la tecnica del marmo; continuerà fino al '47. Compie uno studio approfondito su pittura e scultura dell'800 italiano, in particolare Cremona, Toma, Mancini, Medardo Rosso. Ma soprattutto, comincia a dipingere, vi si butta a capofitto, con un'intensità sempre più febbrile. Ha inizio un periodo molto intenso: segue i corsi della Scuola d'Arte serale di S. Giacomo e della scuola libera del nudo; frequenta assiduamente musei e gallerie: e sarà proprio alla Galleria d'Arte Moderna, nel 1946, attraverso una serie di conferenze con proiezione di diapositive delle opere, che scoprirà finalmente gli Impressionisti francesi (fino a quel momento conosciuti soltanto su incerte riproduzioni e libri semiclandestini), e ne riporta una emozione profonda. Nel 1947, s'iscrive all'Accademia di Belle Arti, al corso di scultura di Michele Guerrisi. Studia a fondo Futurismo e Cubismo, soffermandosi su Boccioni e Braque. L'anno dopo, vince il premio "Giovane Pittura" che gli offre un soggiorno di studio e lavoro in Austria. Nel 1949, prima mostra personale a Roma: presenta una trentina di paesaggi austriaci, con un ottimo successo di pubblico e di critica. In modo del tutto casuale, partecipa al concorso indetto dal governo francese per una borsa di studio per la pittura a studenti italiani, e lo vince. E' una svolta decisiva per la sua vita di uomo e d'artista. In ottobre, arriva dunque a Parigi col proposito di fermarsi circa un anno, il tempo legato alla borsa di studio: vi resterà invece fino al 1964.

S'iscrive all'Accademia di Delle Arti, allievo di Souverbìe al corso di pittura monumentale, e di Severini per il mosaico. Ma soprattutto, sulla sua bicicletta carica di tele e colori, va alla scoperta di Parigi, percorrendola in lungo e in largo: e dipinge senza sosta, come per riversare sulla tela tutto il suo entusiasmo. E dopo pochi mesi, ecco la prima mostra personale parigina, "Galleria Silvagni", 11 Quai Voltaire", presentazione di Jean Oberlè. Da quel momento, le sue mostre si susseguono a pieno ritmo, a Parigi come in Italia o altrove, ovunque lo portino la ricerca e il lavoro. Dopo un lungo studio sistematico dell'Impressionismo, di cui ne seguì tutti gli sviluppi fino alle tendenze moderne, e che lo impegnò agli inizi dagli anni '50, nel '54 si recò a Basilea e Monaco di Baviera per approfondire i suoi studi su Kandinskij, e quindi a Berlino per completare le sue ricerche sulla "teoria dei colori" di Goethe, e nel ' 59 andò in Spagna per uno studio su El Greco, trasferendosi quindi in Marocco per una ricerca sull'arte araba.

Fondamentali, per la sua formazione culturale, gli incontri fatti in quegli anni a Parigi con personaggi di primo piano nel mondo artistico e letterario internazionale: dallo scrittore Henri De Montherlant (di una sua opera, "La ville dont le prince est un enfant", disegnò le scene, nel '53) al critico Jean Nepveu-Degas, dallo scrittore e critico Jean Oberlè al pittore-scrittore Cesare Silvagni, dal giornalista scrittore Humbert Favia al critico Robert Vrinat. Ma la sua sete di conoscere lo portava a viaggiare continuamente, e nel '64 decise di tornare nella sua Roma ma solo per avere un punto fermo da cui partire per ogni nuovo viaggio, una casa in cui ogni volta ritornare: nell'autunno del '65 fu a Londra, nell'estate del '66 in Svezia, nell'inverno 1967/68 si recò a lavorare in Grecia, nell'estate del 69 in Olanda, nell'autunno del '71 in Jugoslavia, e poi ancora in Francia e in Spagna, fino ad approdare, nell'estate '81, negli stati Uniti, dove concluse un fecondo soggiorno di lavoro con una grande mostra a Chicago. E nel 1987, il gran ritorno a Parigi, con una importante mostra all'Orangerie du Luxembourg, su invito del Senato francese. E infine, nel '90 due mostre: in febbraio, alla Galleria "La vetrata" di Roma, ha presentato le sue opere più recenti; in settembre, la "Galleria Russo" di Fiuggi ha organizzato una grande mostra antologica con opere dal '50 al '90. E ancora, la grafica. Da più di dieci anni, infatti, si è andato sempre più appassionando alla grafica: dopo aver seguito i corsi della Scuola Internazionale di Grafica di Venezia e i corsi di specializzazione e grafica sperimentale dell'Istituto d'Arte di Urbino, ha realizzato numerose cartelle d'incisioni, molte delle quali in collaborazione con famosi poeti, italiani e stranieri, di cui ha interpretato poesie inedite.

Infine, ultima mostra, 1999. Invitato ad inaugurare la riapertura del Museo Campano di Capua dopo il lungo restauro, Renato Bussi ha presentato la sua mostra più completa e prestigiosa. In settanta opere, "50 anni di attività: 1949-1999", le molteplici fasi di lavoro e ricerca, sempre legate da un filo comune, una sorta di fusione tra luce e colore. In questa mostra, anche l' addio dell'artista: presente, anche se sofferente, alla inaugurazione il 21 marzo, non fece in tempo a concluderla poiché il 15 aprile cessò di vivere, fino all'ultimo istante davanti al suo cavalletto, per tradurre sulla tela la sua fantasia creativa più vivida che mai, sempre seguendo il filo ininterrotto della sua poesia.