La pittura di Bussi tra espressionismo e astrazione
di Nello Ponente
Ogni mostra di Bussi suscita grande interesse e ogni volta ci ripromettiamo di parlarne a lungo,
magari discuterne con altri critici, perché la sua pittura sta ormai raggiungendo un ottimo livello,
tale da richiedere un’attenzione particolare.
Renato Bussi vive ormai stabilmente a Parigi da oltre cinque anni. A Roma è nato e vissuto fino a
ventitré anni, frequentando l’Accademia di belle arti e, naturalmente, cominciando a muovere i
primi passi nel campo della pittura. Educato dunque nell’ambiente romano, Bussi aveva assimilato
certo tonalismo proprio della “scuola romana”, che restava però un po’ costretto e smorto, e non
dava al colore quello “scatto” di luminosità e quella raffinatezza cui l’artista tendeva. Infatti, si
avvertiva già chiaramente nella predilezione per i rossi e i verdi che campivano gli spazi, nelle
pennellate nervose che segnavano il colore, la costante esigenza della ricerca di un nuovo
linguaggio, più rispondente al suo temperamento.
Eccolo a Parigi, dunque, dove riuscì subito a liberarsi di quel certo tonalismo piuttosto
convenzionale fin qui assimilato e liberare la sua visione del colore, il suo stesso modo di disporlo
sulla tela: il digradare dei toni avviene ora con una sostanza cromatica più brillante, più vivace, più
preziosa. Ha affinato il suo linguaggio adeguandolo a quelle particolari tonalità del paesaggio
parigino, che ricrea e accende sulla tela in un giuoco sottilissimo, e tuttavia evidentissimo, di rossi,
di verdi, di grigi argentati, di bianchi luminosi e, soprattutto, dei coraggiosissimi neri in larghe
pennellate. E le forme, che avevamo visto nei quadri romani come costrette e anguste, si sono
anch’esse liberate in un giuoco fantastico che presenta riquadri e trapezi materiati di colore, piccoli
rettangoli luminosi, che insieme costruiscono un angolo di Parigi in una nuova realtà.
Si riconosce, ora, nei dipinti di Bussi l’eco di un originario espressionismo (egli dipinge anche tele a
carattere religioso in cui ciò è più evidente), non perché il colore ami i contrasti violenti e le tonalità
accese, ma perché questo colore, che è sempre condotto con un contrappunto garbato, campito in
ampi spazi, tende ad una semplificazione della forma che accentua l’emozione dell’immagine. E
questo elemento espressivo è affidato ai puri elementi architettonici delle case rappresentate o alle
masse grevi, ma grevi non per forza plastica quanto per il nero brillante con cui sono trattate, dei
battelli da carico della Senna
Bussi ha, della pittura, un concetto che ameremmo definire artigiano: gli elementi culturali che il
contatto con l’ambiente francese ha indubbiamente sviluppato in lui, non si sovrappongono mai al
“fatto” pittorico in sé. Davanti ad un paesaggio da dipingere, egli dimentica tutto e l’intuizione è
rapida e immediata, la capacità di scelta altrettanto rapidamente sicura. Dotato di una notevole
memoria visiva, di un occhio che percepisce immediatamente le varie sfumature di colore, molto
spesso dipinge questi suoi paesaggi nello studio, rielaborando con precisione una precedente
suggestione. Pertanto, sfugge ad una concezione realistica del paesaggio, che vede piuttosto come
proiezione all’esterno di una mentale visione astratta, che trova nell’elaborazione successiva la sua
sintesi.
Il suo interesse si accentra non sugli elementi singoli del paesaggio, ma sui gruppi di costruzioni,
nella loro organicità, che affolla verso la superficie, pur non dimenticando un’allusione allo spazio,
che però è uno spazio ridotto, simultaneo, di un’unica precisazione temporale. Di conseguenza, la
resa del paesaggio non è mai dilatata: se sono ampi, come dicevamo, gli spazi in cui si campisce il
colore, la visuale resta piuttosto ristretta, anche quando si tratta di una piazza, come nel dipinto
“Place Fustemberg”, in cui quello che doveva essere il piano stradale, diviene una specie di fondale
su cui si posano gli alberi e i lampioni. Ma in genere, preferisce gli agglomerati dei carrefours, i tetti
del quartiere algerino o le pencolanti chiesette che si nascondono tra i riquadri dei cartelloni
pubblicitari.
Tutto in funzione di un accordo cromatico, inteso per stesure brillanti e in un desiderio di
geometrizzazione degli spazi proposti in superficie. Anche “Les péniches”, dai neri illuminati
frontalmente, si stagliano spesso su gruppi di case lontane e qui la dimensione spaziale è più
accentuata.
Abbiamo detto che si può trovare in Bussi un’eco espressionista: dobbiamo precisare che,
comunque, si tratta sempre di una visione serena, discreta, spesso un po’ ironica: la scoperta di
Parigi fatta da un italiano che l’ama ma che sa anche sorriderne.