La pittura di Renato Bussi
di Guglielmo Petroni
Dati ormai scontati, per la pittura più avanzata, i valori pittorici puri, che dall’impressionismo in poi
hanno trasformato l’arte figurativa ed approfondito il senso di verità delle cose; dato anche per
scontato l’eccesso di astrazione, geometrico o no, che ha avuto negli ultimi decenni tanta
preponderanza: l’attenzione, a parer mio, va oggi puntata su quei pittori che hanno voluto che il
linguaggio figurativo potesse riappropriarsi anche dei doni dell’estro e dell’invenzione, senza
escludere la natura e l’uomo.
Renato Bussi è certamente tra coloro che più hanno sentito questa esigenza e questa lezione: cioè
l’artista che, pur avendo assimilato tutte le indicazioni positive del linguaggio astratto, delle
evasioni più o meno accettabili, resta fedele ai valori pittorici puri, alla presenza del reale ed alla
libertà fantastica.
A parte queste considerazioni, queste indicazioni critiche che potrebbero essere ampliate e
approfondite anche nel senso in cui le abbiamo formulate, la pittura di Bussi si presenta da se stessa,
anche senza presupposti, perché oltre ad una personalità molto definita, possiede suggestioni che
pur sotto una lunga elaborazione risultano immediate, comprensibili anche all’incontro diretto che è
piacevole e sollecitante. Le sue scelte provengono da esperienze sul reale assoggettate ad una
esigenza, a tratti quasi esaltata, di intromissioni fulminanti, ma consone alle forme dell’ispirazione
al reale. Ne risulta spesso una visione che, nel contesto dell’arte figurativa di oggi, è originalissima
e produce in molti emozioni e immagini nuove. In pochi pittori come in Bussi, si coglie subito la
volontà di sintesi tra ricchezza della materia pittorica, fedeltà alla realtà e necessità di slancio
fantastico.
Assieme alle soluzioni coloristiche che tanta parte e tanti vari significati hanno per la personalità di
questo artista, dobbiamo aggiungere, anzi considerare parallelamente, quella specie di
trasfigurazione delle forme che nella sua pittura è presente anche quando è lieve e non a tutti
percepibile: Bussi ha bisogno di una sua difformità, di un suo modo di definire gli oggetti, di
racchiuderli in una pennellata scoperta, o in un involucro coloristico di varia densità, a seconda
delle emozioni che ci vuole comunicare, il cui lirismo spesso raggiunge ritmi estremamente
intriganti.
Sarà sempre utile ad una seria analisi della sua opera ricordare alcuni punti fermi del suo lavoro:
l’iniziale personale tirocinio sull’arte antica (soprattutto Raffaello e i veneziani), la “scoperta”
dell’impressionismo francese prima e del futurismo e cubismo poi, fino a Kandinskij , che ha
studiato particolarmente a fondo; né si può sottacere quel soggiorno parigino di ben quindici anni,
che avrà sicuramente giocato un ruolo fondamentale nella evoluzione della sua pittura.
Credo che quanto abbiamo detto faccia ben comprendere che Bussi possiede un mestiere che è
all’altezza delle sue esigenze intellettuali, delle sue ricerche: comunque, non lo vedremo mai cedere
al virtuosismo, alla bravura, ma lo vedremo invece scegliere continuamente modi allusivi pensati
prima che realizzati, trattenuti, o interamente presi da uno slancio spontaneo, secondo i casi.
Vogliamo con questo dire che ci troviamo dinanzi ad un artista di grande consapevolezza della
propria natura e del proprio talento, che equivale a dire ad un pittore che realizza profondamente e
felicemente una propria idea dell’arte, la realizza pienamente così come solo pochi altri riescono
oggi, che l’incertezza regna anche nelle scelte di un artista.